Una foresta vetusta è un ecosistema caratterizzato dalla presenza di alberi di età avanzata, che possono quindi trovarsi al termine del ciclo di vita. Le foreste vetuste rappresentano la massima espressione di naturalità nei nostri territori. Infatti, grazie all’assenza dell’azione dell’uomo, gli alberi riescono a compiere tutto il loro ciclo vitale fino alla morte, arrivando così a raggiungere l’età massima possibile a cui nei luoghi fertili sono associate dimensioni notevoli.
Una foresta vetusta è un sistema dinamico in cui le piante crescono, si riproducono e muoiono di “morte naturale”, competendo per le risorse, ma anche cooperando tra loro. In una foresta vetusta possono essere a stretto contatto numerose generazioni di alberi con differenze di età secolari in luoghi in cui moribondi alberi plurisecolari si trovano in prossimità delle giovani piantine.
Nel complesso la foresta vetusta appare con una struttura particolarmente articolata in cui alberi di varie dimensioni e piantine si mescolano nello spazio in modo apparentemente caotico. Analizzando però la storia dei vecchi alberi si scopre che nel corso dei secoli sono passati attraverso le 4 fasi che costituiscono il ciclo strutturale. La durata di un ciclo completo può variare in media tra i 300-500 anni.
La Faggeta di Cozzo Ferriero ha un’estensione di circa 70 ettari e si sviluppa su una superficie quasi pianeggiante a circa 1.700 m. In quest’area si trovano faggi monumentali che hanno superato i 400 anni, alberi di svariate dimensioni e fusti morti ancora in piedi e a terra - tipici delle faggete vetuste - che l’assenza per lungo tempo di attività antropiche ha preservato, dando luogo a una foresta complessa e ricca di biodiversità.
La Faggeta del Pollinello vegeta in un contesto territoriale unico tra le cime del Pollino e del Dolcedorme, in simbiosi con il secolare Pino Loricato, e si estende fino a 2000 m di quota riuscendo, quindi, a resistere in condizioni climatiche e ambientali abbastanza estreme. In questa Faggeta, grazie alla collaborazione tra l’Università della Tuscia e l’Ente Parco Nazionale del Pollino, sono stati scoperti i faggi più vecchi d’Europa datati oltre 600 anni.
Il Comitato del Patrimonio Mondiale ha approvato l’inserimento delle Faggete nella lista del Patrimonio Mondiale considerando tra i criteri di valutazione che “queste foreste temperate complesse e indisturbate mostrano i modelli e i processi ecologici più completi ed esaustivi dei popolamenti puri e misti di faggio europeo attraverso una varietà di condizioni ambientali, come le condizioni climatiche e geologiche”. Ha, inoltre, sottolineato che “il faggio è uno degli elementi più importanti delle foreste del Bioma delle Foreste di Latifoglie Temperate e rappresenta un esempio eccezionale della ricolonizzazione e dello sviluppo di ecosistemi e comunità terrestri dall’ultima Era glaciale”, e che “la dominanza del faggio in vaste aree dell'Europa è una testimonianza vivente della capacità di adattamento genetico dell’albero”.
Dopo l'ultima Era glaciale, circa 11.000 anni fa, il faggio dalle piccole aree rifugio dell’Europa meridionale ha iniziato a espandersi verso nord. Durante questa espansione, che è unica e ancora in corso, il faggio ha dato forma a comunità vegetali complesse grazie all’interazione tra diversità ambientale, climatica e caratteristiche connaturali della specie. Queste foreste hanno, quindi, generato un prezioso ecosistema poiché custodiscono un serbatoio genetico di faggi e di molte altre specie che sono connesse e dipendono da questi habitat di foreste antiche.
Il territorio italiano è quello che, dopo l’Ucraina (n. 15), presenta il maggior numero di siti di faggete vetuste dall'eccezionale valore universale, ognuno dei quali è stato selezionato per la sua unicità biologica ed ecologica, come elemento caratterizzante di un aspetto della rete continentale, la cui diversità ecologica complessiva costituisce il Patrimonio vero e proprio da salvaguardare.
Le 13 faggete riconosciute rappresentano un’unicità a livello continentale: nel nostro Paese, infatti, sono presenti i faggi più vecchi d’Europa (600 anni), con un patrimonio diffuso sul territorio nazionale di alberi vetusti che superano i 400-500 anni di età. Alcune delle nostre faggete, sebbene non provviste della stessa estensione spaziale, eguagliano in naturalità le faggete primarie dei Carpazi.
Il nostro Paese ospita, inoltre, le componenti più meridionali del nuovo sito seriale transazionale delle “Foreste primordiali di Faggio dei Carpazi e di altre regioni d'Europa”: una zona rifugio dove alberi centenari hanno avuto la capacità di adattarsi alle vicissitudini climatiche in aree che hanno rappresentato uno dei più importanti rifugi glaciali per la specie e che ospitano genotipi unici, adattati a climi caldo-aridi, la cui conservazione è cruciale per comprendere l’adattamento all’attuale cambiamento climatico.
In questa rete transnazionale, a fianco del valore naturale, il faggio rappresenta una specie dall’alto valore simbolico e culturale, storicamente legata allo sviluppo dei popoli europei (l’etimologia del nome si riferisce ai frutti eduli, “phagein” ossia “mangiare” in greco; in inglese e tedesco “beech” e “buchen” si riferiscono alla parola “book”). Il faggio, con la sua ampia distribuzione, copre larga parte del territorio europeo, divenendo così un ecosistema dal valore simbolico per le politiche ambientali transnazionali.
A livello locale, l’alto valore simbolico, storico e culturale di queste foreste è testimoniato dall’importanza a loro riconosciuta dalle popolazioni locali, che le hanno rispettate e conservate anche attraverso periodi storici meno fortunati (es. due guerre mondiali) e climatiche, fino a consegnarle a noi.
Siti di riferimento
https://whc.unesco.org/en/list/1133/
https://www.faggetevetuste.it/
https://www.europeanbeechforests.org/world-heritage-beech-forests/italy/cozzo-ferriero
https://www.unesco.it/it/PatrimonioMondiale/Detail/481