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Pino loricato nella nebbia del Pollino
Pino broccolo

Il Pollino è la terra del pino loricato, dell'associazione abete-faggio, del lupo, del capriolo, dell'aquila reale, della lontra, delle rocce dolomitiche, della Serra Dolcedorme, la vetta alta 2267 metri, delle gole, delle grotte, del bos primigenius e dell'elephas antiquus, delle civiltà lucana, magno-greca, bizantina, longobarda, normanna, delle minoranze arbereshe.

Il Pollino è 192 mila, e oltre, ettari di area protetta; è il Parco Nazionale più grande d'Italia; è il Parco dell'Appennino calabro-lucano, con la sua Serra Dolcedorme, la vetta alta 2267 metri, innevata per molti mesi dell'anno. Ha una natura da vivere, oltre che visitare, dove giova abitare per una ricarica di energia e di salute.
La catena dei suoi monti, le cui propaggini vanno, ad est, verso il mar Jonio e, ad ovest, verso il Tirreno, racchiude, con le forme, le dimensioni e i ritmi di vita, uno spazio e un tempo infiniti.

Dal Castello di Isabella Morra a Valsinni, dalla Madonna del Pollino e dalla Serra di Crispo ai Monti di Orsomarso fino alla Valle dei cedri, gli antichi sentieri portano in un mondo di valori naturali e culturali, che appagano di benessere i desideri e lo spirito dell'uomo e lo fanno star meglio.
Si cammina all'ombra delle faggete del Bosco Magnano; si sale verso la timpa di San Lorenzo, verso il cozzo del Pellegrino, la serra delle Ciavole e la Montea; si scivola sull'acqua del torrente Peschiera, delle gole del Raganello e del Lao e del fiume Abatemarco; si trova riparo nella valle dell'Argentino.
Sui piani del Pollino e di Novacco, tra i prati di alta quota, il corpo riprende fiato, si libera degli affanni, guarda gli orizzonti e ritempra lo spirito.
L'infinito, il silenzio, i colori, i cieli limpidi, il brillare nitido delle stelle, nella notte, nel buio, senza altre luci, tutto avvolge e dà piacere.
Il grande Parco è magia; è magia attraverso le rocce dolomitiche, i basalti, gli strapiombi, le grotte, i circhi glaciali, gli accumuli morenici, il pino loricato, simbolo del Parco, l'associazione abete-faggio, l'aquila reale, il lupo, il capriolo e la lontra.
La vastità dell'area dà mille sorprese; mille diverse immagini e vedute scorrono nell'animo stupito, cadenzate dai suoni e dai ritmi degli ambienti naturali.

È un incontro mirabile tra la natura e l'uomo, un ripetersi di colture dopo colture, di culture dopo culture, un susseguirsi di stagioni e di innesti, di emigrazioni e ritorni, di ibridazioni e di contaminazioni per accrescere ed arricchire le biodiversità, che hanno reso le terre, i luoghi, i frutti, i semi, i grani, gli insediamenti aperti e in divenire, vari, ma tutti ancorati alla naturalità e alle identità e alle radici del Parco.
È la storia con i ritrovamenti paleontologici, i graffiti, le vestigia del passato; con i resti della cultura materiale, delle etnie, delle isole linguistiche appartenenti alle minoranze di origine italo-albanese; con i fumi dei camini delle vecchie case di campagna e dei piccoli paesi; con le piante, le orchidee e le peonie selvatiche e i fiori di campo; con i luoghi vissuti dall'uomo; con le greggi al pascolo e la vita agreste, altrove sempre più oppressa e quasi scomparsa, messa da parte dalla modernità.

Aria, acqua, terra, luce, odori, sapori, suoni formano una natura libera e pura, dove l'ansia si spegne.
Il paesaggio quasi non è cambiato da secoli; i campi coltivati misurano ancora la fatica dei suoi abitanti, dei contadini, dei pastori e degli artigiani; gli spazi della vita quotidiana sono ancora disegnati dalle vecchie consuetudini.
La campagna si veste a nuovo dei colori delle diverse stagioni; fa riposare dai frastuoni; da ristoro al fresco di aliti di vento che avvolgono monti e valli; disseta a sorgenti di acque limpide con il sapore delle rocce, da dove sgorgano, e della natura, che le ha generate.
Il paesaggio agrario si connota dell'architettura spontanea delle vecchie dimore contadine fatte per ripararsi dai gelidi inverni e dalle torridi estati, per accogliere i figli e i figli dei loro figli in un paziente succedersi di generazioni che attendono con trepidazione ogni stagione per godere dei suoi frutti e delle suggestioni dei singoli climi. Emerge con le sculture naturali di alberi di quercia che sfidano il cielo, con il pero, il mandorlo, l'ulivo e, ormai, i molti rovi, le siepi, le tantissime ginestre. Si distingue nel segno della pietra: la pietra delle case, dei muretti a secco dei viottoli di campagna, dei limiti degli appezzamenti di terra.

Dentro questo mondo si vive dei ricordi delle famiglie con le loro foto di gruppo, in bianco e nero, con le cerimonie dei loro matrimoni, con i luoghi ritrovati dell'infanzia, con i momenti solenni delle processioni, con i balli popolari e i ritmi delle zampogne, con i costumi di un tempo; con le notti insonni al bivacco in attesa dei riti religiosi del giorno dopo sul sagrato delle chiesette in montagna o tra i boschi per gli annuali festeggiamenti dei culti arborei.
Qui tutti possono sentirsi un po' figli di questa natura, protetti dal suo vastissimo e preziosissimo campionario di endemismi e di biodiversità, tra naturalità, ruralità e tipicità, tra originalità e genuità.

È il territorio delle testimonianze dell'antica Lucania che con la via istmica univa la costa tirrenica, da Cirella, ai resti archeologici di Sibari sullo Jonio; un territorio dove la strada ferrata da Castrovillari a Laino e a Castelluccio percorsa dalla "littorina" annunciava fino a qualche decennio fa l'avvento nelle contrade del Pollino della civiltà delle macchine.

Oggi, le vecchie stazioni, i ponti e le gallerie in pietra e la tratta ferroviaria calabro-lucana, interamente in disuso dopo l'abbandono e le dismissioni, mostrano il fascino accumulatosi negli ultimi decenni anche di una singolare ed avventurosa rivisitazione tecnologica del passato.
Qui il Parco Nazionale del Pollino custodisce la natura e l'uomo, ecologie e culture locali tradizionali.
Qui il legame tra terra ed attività umane rimane profondo e indissolubile e il Parco lo conserva e lo tutela.

Annibale Formica

 

Galleria fotografica

Canyono Raganello (foto Francesco Bevilacqua)
Fiume Rosa (foto Francesco Rotondaro)
Cima di Monte Alpi (foto Francesco Bevilacqua)
Monte La Calvia (foto Francesco Bevilacqua)
Monte Spina (foto Francesco Bevilacqua)
Serra Ummara (foto Francesco Bevilacqua)
Pollino (foto Francesco Rotondaro)
Piani del Pollino (foto Pietro Serroni)
Piano di Fossa (foto Francesco Rotondaro)
Piano del Ratto (foto Francesco Rotondaro)
Pietra Campanara (foto Francesco Rotondaro)
Laghetto Mormanno (foto Francesco Rotondaro)
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