Lo possiamo ammirare abbarbicato sulle vette delle montagne nelle bellissime pietraie calcaree, di solito ad altitudini superiori ai 1000 m s.l.m., oltre i limiti del faggio (Fagus sylvatica), che ad altitudini inferiori diventa dominante. Eccezione segnalata a questa distribuzione altitudinale è il caso della stazione di Canale Cavaiu (Orsomarso) posta a 530 m s.l.m.
La storia della identificazione di questa specie è stata lunga, complessa e affascinante come il Pino loricato stesso. Le prime notizie risalgono al 1826 quando il botanico partenopeo Michele Tenore raccolse per la prima volta dei rametti di questo pino ai Piani di Pollino a circa 1850 metri di quota, ma il materiale venne confuso con altre specie affini. Solo nel 1863 il tedesco Theodor von Heldreich ritrovò sul Monte Olimpo un pino che ricordava quello del Pollino e che poi Herman Christ avrebbe a lui dedicato (Pinus heldreichii). Successivamente nel 1864 F. Antoine trovò nei territori dell'ex Jugoslavia dei pini simili a quelli trovati sul Pollino e per essi coniò il nome di Pinus leucodermis. Arriviamo quindi agli inizi del 1900 e sull'identificazione del pino del Pollino risultava esserci ancora poca chiarezza, quando nel 1905 Biagio Longo, studioso originario di Laino Borgo piccolo centro del Parco, riferisce i suoi ritrovamenti sul Pollino e sui Monti della dorsale del Pellegrino al Pinus leucodermis Antoine (1864) [o Pinus heldreichii Christ (1863)]. Per la prima volta egli conia il nome Pino loricato per la peculiarità della corteccia. Infine alla fine del XX secolo (1996) il dr. Silvano Avolio dell'Istituto Sperimentale per la Selvicoltura di Cosenza giunse alla conclusione che bisognava distinguere due forme di Pino loricato: nell'Italia meridionale, nell'ex Jugoslavia, in Albania, in Grecia e in Bulgaria si incontra il Pinus leucodermis, il Pino loricato vero e proprio, mentre in Albania, in poche zone dell'ex Jugoslavia e sul Monte Olimpo troviamo il Pinus heldreichii, o Pino di Bosnia, differente dal loricato solo per caratteristiche abbastanza sottili, difficili da cogliere da parte del comune osservatore.
Nel Parco Nazionale del Pollino il Pino loricato si presenta come un albero dall'aspetto robusto e gli esemplari esposti ai venti sviluppano rami con portamento a "bandiera" in modo da offrire minor resistenza ai venti dominanti. È una specie molto frugale adattatasi agli ambienti aridi e freddi delle alte vette. La corteccia negli esemplari giovani è liscia mentre in quelli adulti risulta fessurata in grandi placche di colore grigio cenere con squame trapezoidali ricoperte da piccole squame lucenti, dandole l'aspetto di una corazza, ovverosia la "lorica" delle armature dei legionari romani, da qui l'origine del nome. I rami sono caratterizzati dalle cicatrici degli aghi caduti che, per la loro forma romboidale e in rilievo, forniscono al ramo stesso un aspetto "marmorizzato" a mo' di pelle di serpente. Quello che rende unico il Pino loricato del Pollino è proprio il suo adattamento agli ambienti di alta quota dove si è rifugiato per non soccombere al faggio, ciò ha donato a questi esemplari un portamento tormentato, affascinante, spesso scultoreo e monumentale che si differenzia da quello posseduto in ambienti meno estremi del resto del suo areale, dove forma vere foreste.
Proprio per queste caratteristiche, che lo distinguono nettamente dal faggio, e per la presenza esclusiva sulle parti sommitali e maggiormente impervie dei rilievi, non è difficile distinguerlo e osservarlo ad esempio dai Piani di Pollino o da Colle Gaudolino o ancora più semplicemente affacciandosi dalla balconata a Belvedere di Malvento. Colpiscono in particolare gli esemplari più maestosi e plurisecolari nonché le silouette quasi spettrali di quelli che, sebbene morti, rimangono in piedi grazie al legno ricco di resine che li rendono più resistenti agli agenti naturali della decomposizione. Proprio per questa particolarità, unita al gradevole odore che esso emana e alla sua resistenza all'attacco dei tarli, il legno del Pino loricato veniva in passato utilizzato per la costruzione di bauli e casse da biancheria che accompagnavano gli emigranti calabresi e lucani nei loro viaggi di emigrazione. Inoltre, per la proprietà di bruciare lentamente e con fiamma luminosa, con il legno di questa conifera venivano in passato realizzate le "deghe" ovvero le fiaccole utilizzate durante le feste locali. La presenza di individui plurisecolari è spesso legata alle impervietà delle località in cui la specie vegeta che li ha preservati dal taglio di utilizzo; purtroppo ciò non è bastato, in tempi recenti, a preservarli dal danneggiamento e da tristi, vigliacchi e inutili atti vandalici.
Notizie tratte da:
AA.VV., 1992 – Calabria e Lucania riserva di verde nel Mediterraneo – Carical. Libri Schiwller, Milano.
AA.VV., 1992-94 – Pollino il mensile del Parco – Periodico, supplemento al periodico Tribuna sud, Castrovillari: collezione completa.
Allegri E., 1954 – Pino Loricato (Pinus Heldreichii Christ, var.leucodermis Ant.) sin.Pinus leucodermis Ant.. – Monti e Boschi, 5 (11-12): 531-534
Avolio S., 1996 – Il Pino loricato – Edizioni Prometeo, Castrovillari: pp 139.
Longhi G., 1956 – Alcune osservazioni fitogeografiche e biologiche sul pino loricato (Pinus Heldreichii Grist., var. Leucodermis Ant.) – L'Italia Forestale e Montana; Notiziario tecnico; Firenze XI(5): 227-228
Brogi Sante, 1960 – Il pino loricato (Pinus Heldreichii Grist., var.Leucodermis Ant.) in Calabria e sua possibilità di diffusione – L'Italia Forestale e Montana; Firenze XV(4): 157-163